giovedì 30 gennaio 2014

OLTRE LA VITA

OLTRE LA VITA Avevo faticato a risalire quel lunghissimo tunnel nero che sembrava non avesse mai fine. Annaspavo con tutte le parti del corpo e mi sentivo soffocare mentre ascoltavo le voci di parenti e amici che commentavano la mia dipartita. Vuoi vedere che non potrò più tornare indietro? Che farò ora? Cosa ci sarà all’uscita di questo buco nero? Poi, all’improvviso, avvenne in me un cambiamento; cominciai a respirare senza fatica e a non sentire più i dolori che mi avevano angosciato negli ultimi mesi di vita. Agile e leggera, in preda a una forte vibrazione che mi scuoteva interiormente, spinsi le braccia verso l’alto e, in pochissimo tempo, giunsi all’imboccatura del tunnel. L’abito di carne a cui ero abituata da un’intera vita cominciò a disfarsi aprendosi a nuove realtà sconosciute ai miei sensi, mentre una luce intensa andava materializzandosi davanti a me. No, non era esattamente la luce che si vede sulla terra, si trattava di una cosa strana, diversa, non definibile con parole umane. Brillantezza, fulgore, luminosità, chiarore… Cercavo di trovare il termine umano più appropriato per definire quello spettacolo insolito ai miei occhi e intanto, allontanandomi dalla nebbia del tunnel, leggera come piuma, cadevo su un candido letto di nuvole. Accanto a me c’erano molte creature, esili, dalla forma molto allungata e di un colore grigiastro, poco luminoso, fortemente in contrasto con la luce che si percepiva intorno. Forse anch’io sono come loro, dissi a me stessa, mentre cercavo di ritrovarmi in un corpo ormai completamente smaterializzato. Le creature si muovevano armoniosamente come foglie mosse da un venticello leggero ed erano tutte dirette verso un’unica direzione: un punto lontano e vicino nello stesso tempo, un luogo non-luogo, dove spiccava il colore arancione di alcuni esseri molto luminosi. Questi ultimi formavano una barriera tra le anime grigie che, come me, erano in attesa e ciò che stava dietro a loro, uno spazio che non riuscivamo a vedere. Le anime grigie si presentavano, a una a una, davanti agli esseri arancione e questi, azionando i tasti di una specie di computer, facevano loro vedere, in un grande schermo trasparente, alcune scene della loro vita passata. La mia attesa non fu lunga, molto presto mi trovai anch’io davanti agli esseri arancione. Fu un breve attimo o un tempo lungo quanto una vita? Settant’anni vissuti in immagini: mi rividi bambina, adulta, anziana. Più che dalle immagini rimasi colpita dai pensieri percepibili dietro le immagini, i miei pensieri, quelli che avevo creduto fossero una cosa tutta mia, intima, privata. Ora questi pensieri rimbombavano dentro di me permettendomi una diretta presa di coscienza di alcuni avvenimenti e situazioni della mia vita. Cominciai a pormi delle domande: Su che cosa avevo costruito la mia esistenza terrena? Quali erano stati i risvolti nascosti di un’intera vita apparentemente tranquilla? Quali i momenti decisivi che avevano influenzato i miei comportamenti? Dovevo riflettere, avevo bisogno di tempo per mettere a punto alcune cose. Mi sentivo come a scuola, dovevo ripassare la lezione e correggere gli errori. L’essere di luce che mi stava davanti mi guardò compassionevole e, senza parole, mi trasmise una folata di Amore. Poi, sospinta in avanti da una forza invisibile, volai nella luce verso cieli lontani. Preceduta da un essere che m’indicava la strada da percorrere, attraversai spazi immensi colorati di verde, azzurro, rosa e soffusi di una calda luce dorata. Come aquilone in balia del vento, cercavo di non pensare a nulla per godere fino in fondo la vista di quegli spettacoli così belli e inusuali. A un certo punto, l’essere che mi faceva da guida si fermò; avvertii vicino a me la sua presenza. Non saprei dire se era al mio fianco, sopra o sotto di me, ma indovinavo la sua vicinanza e la sua voglia di annunciarmi qualcosa che mi avrebbe fatto piacere. L’avevo già conosciuto nel corso della mia vita e perché stava guidando proprio me nel regno dell’al di là? Tante domande mi frullavano nella mente, avrei voluto conoscere subito il mio destino in quella nuova realtà in cui ero venuta a trovarmi. "Guardami- mi disse la mia guida che evidentemente aveva letto nei miei pensieri- non mi riconosci?" Ebbi un attimo di esitazione; il suo aspetto terreno era nascosto e quasi mimetizzato da uno sfolgorio di luce e di colori che andavano dall’arancio al rosato. Sotto quella scorza trasparente però riuscii a riconoscere le sembianze di una donna. "Bianca!- esclamai, con un’esplosione di gioia- sei proprio tu!". "Si, sono io. Mi sono offerta di preparare la tua accoglienza quando ho saputo che saresti arrivata. So che ti sei sempre ricordata di me e della mia famiglia e mi è sembrato bello farti da guida in questo nuovo mondo. Siamo in tanti a svolgere questo compito : accogliamo le anime conosciute in vita e organizziamo il loro cammino verso nuove dimensioni." "Sono contenta di rivederti !- dissi allora leggermente più sollevata - Tu sei arrivata qui molto prima di me e certamente conosci già tante cose. Come, tanto tempo fa, mi hai offerto la tua amicizia aiutandomi a superare le difficoltà d’inserimento in un paese che non conoscevo, ora mi spiegherai cosa sono venuta a fare qui. Aiutami, te ne prego, sono piuttosto confusa!" Allora Bianca, la mia guida, m’indicò un gruppo di nuvole soffici e bianche a mezz’aria nel firmamento azzurro. Poi con il suo tipico accento emiliano, mi disse:" Dimentica le cose della terra, qui è tutto un altro mondo. Presto incontrerai il tuo comitato di accoglienza. E’ già pronto laggiù !" Allora è qui che arrivano i morti! E io che mi sono sempre chiesta che fine si fa dopo la morte! Finalmente potrò avere delle risposte. Quando i miei piedi, o quello che credevo fossero i piedi, ebbero l’impressione di poggiare su qualcosa di più solido, guardai con curiosità il gruppo molto numeroso di esseri dalle forme sfocate che, a quanto pareva, stavano aspettandomi. Andai esitante verso di loro, mentre notavo che la mia vista si andava facendo più intensa e consapevole. Distinsi subito le due figure che stavano davanti alle altre, fungendo quasi da capofila. Erano i miei genitori: giovani, belli, luminosi, tanto da incutermi una specie di soggezione. Non ci fu bisogno di parole terrene. Ci abbracciammo senza toccarci fisicamente e comunicammo senza parlare. Capii che avevano già fatto il loro cammino in quella nuova realtà e che era perfettamente inutile ricordare situazioni ed episodi della vita terrena. La parentesi era stata chiusa. Mia madre mi fece un gesto con un lembo del suo vestito di luce e mi mostrò una gran massa di gente che stava dietro di lei. Chi sono e cosa c’entrano con me? Non li conosco. E perché sono vestiti così stranamente? >> Le mie domande ricevettero subito una risposta dalla mia guida. Sono le anime dei tuoi antenati. Se li guardi attentamente, potrai notare le diverse fogge dei loro abiti, conformi all’epoca in cui sono vissuti. Sono queste anime che hanno permesso la tua nascita sulla terra e hanno modellato il tuo corpo trasmettendoti caratteristiche e inclinazioni. Grazie a loro sei diventata un essere unico e irripetibile. Era una folla sterminata quella dei miei antenati, un insieme di cellule indistinte svincolate dalla materia e palpitanti di vita vissuta. "Ma come può essere che io abbia tanti antenati? Sono solo i miei?" "Riflettici un momento. Quanti nonni, bisnonni, trisavoli ha un individuo che nasce sulla terra? E, andando indietro nel tempo, gli antenati non potrebbero essere comuni per gran parte della specie umana? Ascolta bene questa verità: l’umanità ha un'unica radice." E’ vero, pensai, siamo tutti fratelli. I miei genitori,sorridenti, annuivano con la parte superiore della loro fiamma di luce e mi facevano capire che anche loro avevano compreso a suo tempo quest’ importante assioma. A questo punto, la massa degli antenati diventò un’enorme palla di fuoco, roteò, volò via lasciando una lunghissima scia che profumava d’amore e di pace. Sulla candida nuvola in cui ci eravano fermati per quel mio primo approccio con i miei antenati (che proprio, come scoprii, non erano solo esclusivamente miei!) erano rimaste poche anime. Riconobbi gli zii a cui avevo voluto bene, il nonno paterno mai conosciuto perché disperso in Argentina, un cugino morto giovanissimo, un compagno di scuola morto a diciotto anni che mi sorrise e mi mandò un saluto con la mano e tante altre persone conosciute nel corso del mio soggiorno sulla terra. In un punto lontano, quasi volesse nascondersi alla mia vista, notai un piccolo essere rosa, un bambino, anzi una bambina. Vuoi vedere che è Manuela? Esitavo a voler indagare, era stata per me un sempre vivo rimpianto. La mia prima figlia, la piccola Manuela era nata senza vedere la luce, non avevo avuto il tempo di tenerla fra le braccia. Le andai vicino e la guardai. Perché? Perché non sei rimasta con me dopo nove mesi di attesa? "Non è stata una mia scelta! - mi disse subito con una vocina esile, da bambina – sai che ci sono state delle mancanze da parte di chi doveva vigilare sulla buona riuscita dell’evento. Ora però sei qui e avremo modo di conoscerci meglio!" Fece un cenno di saluto e andò via tra uno scintillio di stelle. Rimasi delusa, avrei voluto parlarle per conoscerla meglio e immaginare la mia vita con lei sulla terra. Era tardi ormai, le anime del comitato di accoglienza guizzavano via facendo gesti di saluto. Le seguii con lo sguardo con una certa commozione. L’avrei riviste ancora? E io, dove sarei andata a finire? I dubbi mi furono risolti ancora una volta dalla mia guida che mi disse: "Ti accompagnerò in un posto dove potrai rivedere attentamente il tragitto da te compiuto sulla terra e percepire gli errori commessi . Ricorda però che le tue mancanze non sono fallimenti, ma solo fasi d’apprendimento della vita. Abbi fiducia, concentrati su questa tua nuova realtà e sii consapevole che la nostra Forza risiede nel presente, nel qui ed ora, indipendentemente dal posto in cui ci troviamo. Io dovrò salutarti ma ti assicuro che ci incontreremo ancora, prima o poi!" La luce in cui si trovava immersa la mia amica si dileguò in un baleno e io rimasi in un deserto di nuvole bianche. Non rimasi molto tempo da sola. Proprio davanti a me, silenziosamente e con un grande sfarfallio di atomi di luce, si materializzò uno strano oggetto, un’astronave, dalle pareti di vetro e specchi. Uno sportello laterale si aprì e sentii una voce che mi esortava telepaticamente a salire. Mi venni a trovare come su un autobus in un’ora di punta, per via della gran folla di anime di ogni razza e di ogni età che si accalcavano in un piccolo spazio. Non c’era però disordine, anzi ebbi l’impressione di trovarmi in un posto privilegiato dove le anime condividevano gli spazi con spirito di altruismo e generosità. L’astronave partì silenziosa com’era arrivata; era l’unica cosa in movimento su quell’orizzonte apparentemente infinito. Quando arrivammo a destinazione, mi trovai in un grande edificio con immensi corridoi su ci si aprivano tante camere sia da una parte che dall’altra. Un albergo o un ospedale? Qui sarò aiutata a capire, mi dissi fiduciosa, entrando in una di quelle camere apparentemente disadorna. Qui poserò il bagaglio di una vita intera e mi preparerò per qualcosa di più grande che certamente mi attende. Arriverò però mai a capire la grandezza di Dio? Stesa su una specie di lettino, che fluttuava in aria come per incanto, osservavo alcune immagini proiettate su una parete di nuvola bianca . Erano scene della mia vita sulla terra: vecchie foto in bianco e nero di quand’ero bambina, foto a colori di epoche più recenti, filmati mescolati insieme senza un criterio che avesse un minimo di logicità, ma tanto da permettermi di rivedere l’abito che avevo indossato sulla terra. E’ tutto qui quello che devo capire? Non sapevo forse com’ero stata e quali trasformazioni avevo subito nel corso degli anni? Insoddisfatta di ciò che vedevo, mi misi a giocare con una specie di manopola che si trovava alla mia destra e, improvvisamente, notai sullo schermo qualcosa di diverso. Dietro le immagini fotografiche adesso prendeva risalto il paesaggio; bello, colorato,terrestre. Erano i luoghi della mia vita e li guardai con tanta nostalgia. Dalla nebbia uscirono fuori anche le persone che mi erano state vicine e tanti raggi di luce che partivano da me e si proiettavano intorno. Capii allora che sulla terra avevo dato importanza alla semplice scena mentre non avevo dato peso alla vita che brulicava intorno a me. Tutto adesso aveva un senso. Anche la mia discesa sulla terra non era stato solo il frutto di una semplice coincidenza ma era il risultato di un progetto più grande. I fatti della mia vita adesso mi apparivano sincronici e ben orchestrati, non più isolati e indipendenti. Osservavo gli incastri in cui mi ero ritrovata e cominciai a leggere tra le righe. Una voce rimbombava attorno a me tanto da sembrare dentro e fuori di me, o di quello che era rimasto del mio corpo terreno. Era una voce dolce e seria nello stesso tempo, continuava a ripetere una parola: L’impronta, l’impronta… Ma che impronta, pensavo, cosa vuol dire questa parola? L’impronta dei miei piedi, della mano o… quella della mia vita! Si, era quella la risposta: l’impronta della mia vita sulla terra. Ricordai allora che una volta, da insegnante, avevo dato un tema ai ragazzi: La tua impronta sulla terra. L’intenzione era quella di farli riflettere e spingerli a progettare un futuro degno da lasciare un’impronta sulla terra. E io che impronta avevo lasciato? Non lo so, non voglio pensare al passato, dissi a me stessa, ora sono qui, basta con le cose della terra! Rivedevo immagini su immagini e sentivo una specie di nausea. Quella volta avrei fatto bene a… Ho sbagliato, lo capisco… Sono stata una stupida quando… E così continuavo a sferzarmi da sola e a sentirmi profondamente in colpa. A un certo punto, l’immagine netta dei miei due bambini che giocavano a rincorrersi nel lungomare della mia città diede una svolta ai miei pensieri. Ecco dov’era la mia impronta! Loro, i miei figli erano la continuazione della mia vita. Gli insegnamenti che io e mio marito avevamo loro dato, il tipo di crescita, il loro percorso di vita erano queste le cose che avevo lasciato in eredità. La mia impronta erano loro. Poi rividi le immagini di tutti i ragazzi a cui mi era toccato insegnare. Volti giovani e aperti alla vita, volti ancora privi di malizia, volti sorridenti e gioviali. Avevo insegnato qualcosa? Non mi era dato sapere le risposte, ma comunque anche loro avevano seguito un cammino che si era incrociato col mio, ma solo per poco. Il segreto della vita è molto semplice, pensai allora, bisogna sforzarsi di lasciare qualcosa sulla terra, qualcosa che ti permetta di dire: Io c’ero. Compresa questa semplice verità, osservai che le immagini della mia vita sulla terra che continuavo a vedere cominciavano a tingersi di rosa, di violetto, di ciclamino, con mille e mille sfumature diverse. Attorno a me si materializzò una voce dolcissima che continuava a ripetere: Amore, amore, amore… L’amore che avevo dato e che mi era stato restituito sulla terra era diventato vivo e tangibile. Tutto attorno a me aveva preso i colori dell’amore e, pensando a esso, mi svegliai dall’anestesia i cui effetti si erano protratti per parecchie ore. Fine Maria Grazia Vitale è nata a Mazara del Vallo il 12.11.