venerdì 9 novembre 2012

IL QUINTO FIGLIO

- N’autru masculu nascì!- Con queste parole mia zia, ritornando a casa al mattino mi svegliò per annunciarmi la nascita del mio quarto fratello, un altro maschio. La delusione che era stata provata da coloro che avevano assistito al parto fu subito trasmessa a me bambina che aspettavo ansiosa il lieto evento. Non è giusto, pensai subito, mi era stata promessa una sorellina ! Era una domenica di gennaio del 1961 e la giornata si annunciava particolarmente soleggiata. La sera precedente io e i miei fratelli eravamo stati accompagnati in casa della zia dove c’eravamo fermati a dormire perché a casa nostra fervevano i preparativi per il parto della mamma. Lei, per tutto il giorno del sabato, aveva pulito , lavato ,stirato, preparato pentoloni di acqua da bollire e sistemato sul cassettone la roba per il nascituro, tribolando tutto il giorno con la sua enorme pancia. Solo a sera aveva fatto chiamare la levatrice e, dopo aver dato un bacio a me e ai miei quattro fratelli, ci aveva licenziati dicendoci: << Domani venite a conoscere la sorellina!>> La lasciammo a letto circondata dalle zie che erano venuti ad assisterla . Mio padre,seduto in cucina , fumava una sigaretta dietro l’altra . Io non avrei voluto, a dodici anni, avere in famiglia altri bambini . Bastavano quelli che già c’erano. Le cose però erano andate in quel modo e bisognava accettare. Ma un altro maschio, no ! Da mesi avevo visto crescere il suo pancione e ritenevo la sua una condizione molto umiliante ; a volte mi vergognavo per lei. Già la notizia della sua gravidanza era stata per me traumatica. Avevo allora dodici anni e, finita la terza media, sarei andata al ginnasio e cominciato a frequentare una scuola importante. << Vieni con me, fammi compagnia!>> mi disse un pomeriggio. Stentò ad indossare la gonna del tailleur nero delle feste, non riusciva proprio a chiudere la cerniera. Anche la giacca attillata da cui usciva un collettino di pizzo bianco che simulava una camicetta,le restò aperta davanti. Giorni prima aveva fatto la permanente ai capelli provvedendo anche a tingere un ciuffo bianco che, capricciosamente, si ostinava a crescerle davanti come per ricordarle che ormai aveva superato i quaranta anni. Con gli spessi occhiali da miope sul naso e la borsetta nera in mano, era pronta. Voleva la mia compagnia, aveva bisogno di qualcuno che la sostenesse in quello che per lei era un momento delicato. Dando la mano al più piccolo dei fratelli le andai dietro, non sapendo cosa avesse intenzione di fare. Non facemmo molta strada, svoltammo l’angolo dietro casa e giungemmo presso l’ambulatorio ginecologico del dottore Bianco. La mamma bussò titubante e aspettò che l’infermiera, la signora Ninuzza, venisse ad aprire la porta. Le sentii confabulare, il dottore non c’era , ma la mamma disse che l’infermiera andava bene lo stesso. Entrarono nella stanza da visita del dottore e mi lasciarono nell’anticamera, in attesa. Io, da ragazzina curiosa, non capivo il perché di tutte queste manovre, cosa facevano le due donne? perché questi misteri? Quando la mamma uscì dalla stanza, era rossa e confusa. I bambini sono una grazia di Dio , disse l’infermiera che non aveva figli, poi mi annunciò sorridendo che presto nella nostra famiglia sarebbe arrivata una bella bambina. Così avrei potuto finalmente avere una sorellina. Guardavo le due donne smarrita, ma perché mia madre si era messa nei guai? Chi glielo aveva fatto fare ?Un altro figlio! Non ne bastavano quattro! Solo pensando ad una bambina da trattare come bambola finii poi con l‘accettare la gravidanza di mia madre. Aspettavo con impazienza questa sorella anche per liberarmi dalla visione di quella grossa pancia con cui si presentava mia madre. E ora mi si veniva a dire che era arrivato un altro maschio ! Non m’interessava proprio! Non volevo nemmeno vederlo! Entrai in camera da letto solo per vedere mia madre. Non m’interessava suo figlio. La vidi tranquilla con un nastro celeste fra i capelli. Non c’era più niente di rosa nella sua camera. La levatrice, senza dirmi niente, mi mise fra le braccia una copertina da cui uscivano fuori due occhietti scuri e una boccuccia sorridente. Guardai mia madre, guardai il suo quinto figlio e mi sentii pervadere dalla commozione. << Mamma- dissi- possiamo chiamarlo Maurizio?>>